Composto nel 2008, “Hammerklavier”
– per nastro
quadrifonico (con versione stereofonica disponibile) – è
interamente basato su campioni registrati all’interno di un pianoforte
a coda. Lo strumento non è suonato in maniera convenzionale, i
campioni sono stati ottenuti percuotendo, pizzicando o sfregando con
oggetti le corde e il corpo dello strumento, allo scopo di ottenere le
risonanze del pianoforte piuttosto che suoni con altezza definita.
Il mezzo elettronico permette di analizzare e risintetizzare tali suoni
complessi, estraendone di volta in volta determinate caratteristiche,
esplorando la zona che va dal rumore al suono intonato, modificando
l’attacco del suono su modello di una corda pizzicata, disponendo poi
il materiale derivato nello spazio quadrifonico e assemblandolo lungo
lo spazio temporale allo scopo di costruire un forma organica.
I software usati sono Max/MSP e ProTools. La durata è di undici
minuti.
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Composto nel 2007, “Con l’arco”
– brano elettroacustico
quadrifonico – è basato su suoni eseguiti con il violino ed
ottenuti con grande pressione e bassa velocità dell’arco: suoni
“grattati” molto aspri ed estremamente ricchi di rumore.
Il mezzo elettronico permette di analizzare e risintetizzare tali suoni
complessi, estraendone di volta in volta determinate caratteristiche,
esplorando la zona che va dal rumore al suono intonato, modificando
l’attacco del suono su modello di una corda pizzicata, disponendo poi
il materiale derivato nello spazio quadrifonico e assemblandolo lungo
lo spazio temporale allo scopo di costruire un forma organica.
I software usati sono Max/MSP e ProTools. La durata è di dieci
minuti.
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Il materiale di partenza usato
per la composizione di “l’amour
outragè” è la registrazione di un frammento tratto
dalla “Platée” di Rameau eseguito dalla soprano Annamaria
Calciolari, ed il titolo del brano si riferisce al testo di detto
frammento.
La principale tecnica di sintesi usata è quella granulare, allo
scopo di ottenere graduali passaggi da situazioni in cui altezza e
timbro vocale sono indeterminati, a situazioni in cui la voce è
perfettamente riconoscibile. Fra i parametri di sintesi più
controllati uno è quello della durata dei grani: in caso di
grani di durata molto corta (entro i 25 millisecondi) la sensazione
uditiva di altezza si perde, per tornare percepibile con grani di
durata superiore. Per la realizzazione del brano sono stati utilizzati
i software Max/Msp e Pro-Tools. Esistono due versioni del brano: la
versione principale quadrifonica, da utilizzare in eventuali esecuzioni
pubbliche, ed una versione stereofonica su cd. La durata è di 10
minuti.
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Il materiale di partenza per la
composizione di “Inside the pipe” (2004)
per nastro magnetico, è costituito dalla registrazione di
alcuni “slap” eseguiti al corno di bassetto da Roberta Gottardi e al
flauto di Gianluigi Nuccini. Questi sono i soli suoni registrati
utilizzati nel brano.
Le tecniche usate sono principalmente le seguenti:
- sintesi sottrattiva, in cui i parametri dei filtri
sono ottenuti dall’analisi spettrale delle registrazioni
- sintesi granulare, in cui i “grani” sono estratti
dalle registrazioni
- convoluzione, in cui gli slap sono utilizzati come
“risposta all’impulso” allo scopo di ottenere le stesse risonanze dei
due strumenti a fiato: da tale procedimento il titolo del brano.
La forma del brano è data da un percorso che dagli slap del
corno di bassetto (e il materiale sonoro relativo) porti a quelli del
flauto: un’ideale morphing dalle risonanze del primo strumento a quelle
del secondo.
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Terminato nel
2000,
"Pallide risonanze avvolte", per corno di bassetto e live
electronics, è un brano in cui predomina l'elemento
virtuosistico, non solo per l'esecutore allo strumento acustico, ma
anche per quello al live electronics. A quest' ultimo è
richiesta non solo una competenza tecnica, ma anche un'attiva
partecipazione dal punto di vista musicale: si tratta di un brano per
due esecutori, intesi come "duo".
Le varie sezioni presentano lo stesso materiale, ogni volta
caratterizzato da contesti musicali e da trattamenti elettronici del
suono differenti: come un oggetto tridimensionale osservato da
angolature e illuminazioni diverse.
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"Nell'inevitabile
e profondo tedio del cristallo" per pianoforte e suoni sintetici.
L'antica utopia del prolungamento del suono del pianoforte -
notoriamente strumento percussivo - è l'idea di partenza del
brano.
Gli smorzatori della zona grave vengono neutralizzati con l'uso del
pedale tonale; le corde, libere di vibrare, avvolgono il suono secco
del pianoforte con il ricco alone delle risonanze simpatiche.
Allo strumento elettronico è affidato il vero prolungamento del
suono pianistico: i su��·oni sintetici, prodotti per lo
più con la tecnica della modulazione di frequenza, "riflettono"
e sottolineano le proposte melodiche dello strumento acustico, in un
tentativo di descrizione analitica della melodia.
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“Giacché
nulla io posseggo”, per clarinetto in si bem., è un
brano che risale al 1989. Si tratta di un brano virtuosistico, in cui
vengono esplorate alcune delle possibilità strumentali del
clarinetto: oltre alle articolazioni musicali peculiari dello strumento
si incontrano soffi nelle loro varie gradazioni, glissandi ascendenti e
discendenti, rumori di chiavi. La forma è ispirata all’idea di
progressivo esaurimento del materiale: nucleo generatore del brano
è una lenta melodia, la quale si presenta solo nel finale,
quando tutti gli sviluppi e le implicazioni drammatiche sono state
risolte. La scrittura spesso vicina allo stile improvvisativo, inteso
in senso barocco, contribuisce a dare al brano il carattere
virtuosistico.
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Scritto nel 1988 e revisionato
nel 1996, “…di rimembranti raggi lunari”
per orchestra d’archi, prende a modello la pratica barocca
del concerto grosso: il gioco musicale è basato sulla
contrapposizione fra un quartetto con funzioni solistiche e il resto
dell’orchestra d’archi. Quest’ultima raccoglie gli spunti sonori dei
soli rileggendoli, amplificandoli, oppure parodiandoli. Nel corso delle
tre sezioni in cui il brano è suddiviso gli attriti fra i due
gruppi si fanno sempre più evidenti, fino alla netta
separazione, la quale condanna ambedue allo svanire nel silenzio, nel
nulla, nel freddo ricordo evocato dal titolo.
Nel 1988 il brano è stato segnalato al concorso internazionale
“Premio Valentino Bucchi” di Roma, nella categoria dedicata alle
composizioni per orchestra d’archi.
Ha avuto la sua prima esecuzione nel 2001 a Yokohama (Tokio - Giappone)
a cura del Phonosphere Ensemble diretto da Masataka Matsuo nell’ambito
del “World Music Days”, festival internazionale promosso dall’ISCM.
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Come
suggerisce il titolo, “Granular
soundscape n.1” per
violino, pianoforte e percussioni è ispirato alla tecnica
elettronica della sintesi granulare, tecnica che vede il suono formato
da brevi frammenti (grani) giustapposti e sovrapposti per formare
quelle che sono delle vere e proprie textures sonore, un po’ come
succede in certe tecniche pittoriche come il divisionismo o il
puntinismo. Di fatto molti dei suoni a cui siamo abituati hanno una
natura granulare, essendo formati da innumerevoli “particelle” la cui
dimensione e densità non ci permette di percepirne la reale
struttura globale. Analogamente a quello che succede nella materia:
ciò che appare immobile non lo è se osservato su piani
spaziali diversi.
Su questi presupposti ho cercato in questo brano di indagare nelle
possibilità degli strumenti, partendo dagli sfregamenti e
rallentandoli fino a isolarne il singolo impulso - il “grano” – e su
questo procedimento, tipico appunto della sintesi granulare, costruirne
il decorso, applicando logiche tipiche della musica elettroacustica
piuttosto che della musica strumentale.
Gli esecutori sono dunque chiamati all’applicazione di tecniche non
convenzionali verso un contesto sonoro in cui i suoni ad altezza
determinata sono del tutto assenti, o se presenti lo sono solo come
elemento residuale, spostando l’attenzione verso una visione del suono
che vede nei rumori, nelle granulosità, nelle asprezze e nelle
loro evoluzioni temporali in senso spettro-morfologico una reale
ricchezza e vitalità dello stesso.
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